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Nel corso del 2022, abbiamo arricchito e sistemato le aree verdi del parco mettendo a dimora:
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Nel corso del 2022, abbiamo arricchito e sistemato le aree verdi del parco mettendo a dimora:
Albero della famiglia delle Pinacee alto fino a 20-25 metri, originario del Mediterraneo e dell'Asia Minore e ampiamente diffuso nell’Europa occidentale e nord Africa, soprattutto nelle aree litoranee, dove è coltivato per il seme e per rimboschimento. Ha un portamento caratteristico, con un tronco rettilineo o lievemente curvo, spesso biforcato a varie altezze e una grande chioma espansa a globo, col tempo sempre più simile a un ombrello. La corteccia presenta una scorza (ritidoma) dalla classica colorazione marrone-rossiccia che si fessurata in placche allungate. Le foglie sono aghi lunghi accoppiati, da 10 a 20 cm, flessibili e di consistenza coriacea. Gli strobili, detti pigne, sono di forma ovoidale, lunghi 8–15 cm. Impiegano 36 mesi per maturare, e si aprono a maturità per far uscire i semi. Questi ultimi, i pinoli, sono lunghi 2 cm, di color marrone chiaro con un guscio legnoso. Predilige i terreni vulcanici a reazione acida, planiziari e collinari profondi (terreni pozzolanici a Roma e Napoli), e anche rupi in zone litoranee o interne.
Il cedro del Libano è una conifera originaria del Mediterraneo orientale (Libano, Siria e Turchia) che allo stato spontaneo raggiunge i 40 metri di altezza (eccezionalmente fino a 60 metri!). I grandi rami ascendenti a 90° gli conferiscono il caratteristico portamento a "candelabro". Col passare del tempo la cima tende ad appiattirsi. Le foglie aghiformi di colore verde scuro, lunghe fino a 3 cm, sono portate sia singolarmente sui giovani rametti, sia in ciuffi di 20-30 su corti rametti laterali. Come tutte le conifere, non presenta fiori ma strobili: grigio-verdastri i maschili, lunghi fino a 5 cm e giallastri a maturità, verdastri i femminili, che dopo la fecondazione assumono consistenza legnosa (pigne) sfaldandosi e liberando i semi. Oggi nella sua zona di origine sopravvivono solo poche centinaia di esemplari monumentali.
Pianta suffruticosa della famiglia delle Lamiaceae, alta al massimo mezzo metro e legnosa solo alla base, dall’intenso e caratteristico odore. Le foglie sono verdi-grigiastre per la presenza di peli stellati, a lamina lanceolata allungata e disposte in posizione opposta lungo il fusto. Il nome comune della specie, come anche quello scientifico del genere (Lavandula), che richiama il gerundio latino del verbo lavare, trae origine dal fatto che queste piante erano molto utilizzate nell'antichità (soprattutto nel Medioevo) per detergere il corpo. Ancora oggi la lavanda è diffusamente coltivata (in Italia soprattutto in Piemonte e Toscana) per l’utilizzo nell’industria cosmetica come base per la profumazione di saponi e detersivi. Nel Lazio è presente come alloctona casuale nella zona costiera di Latina in ambiente rupestre.
Pianta suffruticosa a portamento eretto, alta 40-60 cm, eccezionalmente fino ad un metro, densamente fogliosa e di colore grigiastro per la fitta peluria. I rami giovani sono anch’essi tomentosi e angolosi. La pianta è aromatica. Le foglie sono persistenti, opposte, lineari-lanceolate, lunghe 1–3 cm, con margine ripiegato, bianco-tomentose su entrambe le pagine. I fiori sono riuniti in e ovato-cilindriche a spiga di 2-3 cm, vistose e compatte, sormontate da di 2-3 brattee ben sviluppate, di colore viola o blu. I fiori hanno corolla a petali fusi di colore blu-violaceo, lunga circa mezzo centimetro. A differenza della congenere L. angustifolia, la lavanda selvatica, pur producendo un olio essenziale utilizzabile in profumeria, non trova un impiego significativo. Nel Lazio è specie rara, rinvenibile come spontanea in zone di gariga e macchia bassa a Cerveteri, negli Ausoni-Aurunci e nelle isole ponziane.
Il melo è un piccolo albero deciduo di 3-10 metri di altezza, con una chioma densa ed espansa e apparato radicale superficiale. Le foglie sono alterne e semplici, a lamina ovale, leggermente seghettate, con apice acuto e base arrotondata, di 5-12 X 3-6 cm, glabre superiormente e leggermente tomentose sulla pagina inferiore. I fiori sono ermafroditi, di colore bianco-rosato e riuniti in piccoli corimbi. La fioritura avviene in primavera, contemporaneamente alla ripresa vegetativa. L'impollinazione è entomofila. Il frutto, detto pomo, o più comunemente mela, si forma per accrescimento del ricettacolo fiorale ed è perciò un falso frutto, mentre il frutto vero, derivato dall'accrescimento dell'ovario, è costituito in realtà dal torsolo. Il centro di origine del melo selvatico progenitore del melo coltivato sembra sia il Kazakistan.
Piccolo albero da frutto caducifoglio (max 15 m), coltivato e naturalizzato in gran parte della regione. Si trova in boschi e boscaglie. Fiori bianchi.
Piccolo albero poco longevo generalmente non più alto di 5 m, con apparato radicale molto espanso; fusto breve e contorto, con rami numerosi e fragili e corteccia grigio. Le foglie sono alterne, palmato-lobate, con picciolo di 3-6 cm, e lamina (5-10 x 8-15 cm) verde scura, ruvida superiormente, pubescente e più chiara di sotto, di forma molto variabile per età e varietà delle piante. L’infiorescenza che poi si trasforma nell’infruttescenza commestibile (i ben noti “fichi”), detta siconio, può essere di colore dal verde–giallo o violetto-bluastro. La specie è “funzionalmente” dioica, cioè sono presenti piante con funzione maschile, che alloggiano l’insetto impollinatore (Blastophaga psenes) nei siconi, dove è anche prodotto il polline, dette fico maschio (o caprifico), e piante con funzione femminile (i veri fichi), che contengono piccolissimi fiori femminili fertili insieme alla polpa dolce e commestibile. I frutti del caprifico invece non sono commestibili in quanto privi di polpa. Sia caprifico che fico possono produrre tre fruttificazioni all’anno, conseguenti alle generazioni dell’insetto: i fioroni precoci (sempre senza semi) a giugno-luglio, i forniti tardo estivi (agosto-settembre); la terza fruttificazione (autunnale) dei cimaroli, è di norma di scarso rilievo nel nostro paese.
Albero sempreverde, molto longevo, di altezza fino a 10-15 m, con apparato radicale molto esteso e superficiale in grado di garantire alla pianta vigorosità anche su terreni rocciosi. Il tronco diviene con l'età largamente espanso alla base, irregolare, sinuoso e nodoso, spesso cavo; la chioma è grigio-argentea, densa e molto espansa negli esemplari non coltivati. La corteccia è grigio-verde e liscia da giovane, poi nodosa e screpolata. Le foglie sono semplici e opposte, coriacee, lanceolate, con margine intero, spesso revoluto. La pagina superiore è opaca, di colore verde glauco e glabra, quella inferiore è più chiara, sericeo-argentea per la presenza di peli con nervatura mediana prominente. I frutti sono drupe ovoidali (olive), di colore variabile dal verde al giallo al viola al nero violaceo, con mesocarpo oleoso e nocciolo legnoso. È specie tipicamente termofila ed eliofila, predilige climi secchi e asciutti ed è sensibile alle basse temperature. Vegeta nei terreni sciolti, grossolani o poco profondi, con rocciosità affiorante; è inoltre una delle specie più tolleranti alla salinità e può essere coltivato anche in prossimità dei litorali.
Albero che può raggiungere l'altezza massima di 20 m (mediamente 8-10 m), con fusto dai grossi rami irregolari e chioma globosa allargata; spesso il fusto viene capitozzato originando un fascio di rami aperti a ventaglio; è una specie piuttosto rustica e longeva, anche se sovente cariata all'interno del tronco. Foglie grandi (in media 5-8 x 7-10 cm), alterne, dalla lamina morbida, glabra e lucida sulle due facce, dal bordo finemente dentato; foglie dei polloni profondamente lobate. I fiori sono unisessuali o raramente ermafroditi, portati in amenti, i maschili lunghi 2-4 cm, i femminili globosi, lunghi 1-2 cm. I frutti sono infruttescenze ovali-arrotondate (sorosio o mora di gelso) di 1-2 cm, peduncolate, dolci, di colore biancastro, più raramente rossastro o anche nero. Introdotto in Europa dalla Cina in epoca medievale, successivamente acquisì importanza fondamentale per l’allevamento dei bachi da seta, che si cibano delle sue foglie, ed è perciò stato largamente coltivato in Italia, specialmente in pianura padana, fino agli anni ‘60.
Albero piuttosto longevo, diritto e vigoroso, alto fino a 25 m, corteccia a maturità scura e fessurata longitudinalmente e chioma ampia e densa. Le foglie sono grandi, imparipennate e composte da 5-9 segmenti ellittico-lanceolati a margine intero, con pagina superiore verde scuro ed inferiore nettamente più chiara. Fiori unisessuati: amenti maschili penduli (1x5-8 cm), di colore verde-bruno, fiori femminili all'apice dei rametti dell'anno in gruppi di 1-5. I frutti, solitari o a gruppi, sono caratteristiche drupe, ovali o globose (3-4 x 4-6 cm) con epicarpo carnoso (mallo) verde, ricchissimo di tannino, che copre un endocarpo legnoso marrone chiaro (noce), proteggente a sua volta il seme (gheriglio) a 4 lobi, oleoso e commestibile. Specie probabilmente originaria dell'Asia centro-occidentale, è comunque diffusa da epoca antichissima in tutta l'Europa sud-occidentale.
Piccolo albero (max 10-12 m) caducifoglio. Produce le sorbe, piccoli pomi utilizzati per marmellate; ambiente: boschi e boscaglie
Il nespolo comune è un piccolo albero della famiglia delle Rosaceae, dalla chioma ampia, che può raggiungere i 4-5 m di altezza. È un albero longevo, che può diventare anche pluricentenario, dalla crescita molto lenta. È considerata una specie alloctona naturalizzata, essendo originaria del vicino oriente, ma la sua diffusione ad opera dell’uomo ha origini antichissime. Nelle piante selvatiche i giovani rami sono spinosi. Le foglie sono lanceolate, piuttosto grandi, tomentose nella pagina inferiore. La fioritura, molto abbondante, è piuttosto tardiva (in genere nel mese di maggio). È pianta molto visitata dalle api. Il frutto, detto nespola, è un pomo subsferico ricco di tannino e può essere consumato solo dopo maturazione successiva alla raccolta tardo autunnale. Ambiente: boschi e boscaglie termofile Consigli per la coltivazione e la cura