Si è detto nelle precedenti pagine che gli indicatori di valutazione sono l’insieme-tipo azione che è possibile richiedere ad un soggetto in un contesto di prova, in modo da osservare il processo agito (cosa è svolto, come è svolto) ed il risultato in esito (cosa è ottenuto), al fine di valutare il possesso della relativa competenza.
Per usare una comune metafora, la competenza è il territorio, mentre gli indicatori ne sono la mappa, redatta in una scala coerente ad un tempo con le caratteristiche di precisione attesa (più la mappa è precisa, più siamo certi della bontà del suo uso) e con la possibilità di suo pratico utilizzo (se la scala è troppo prossima al territorio, la mappa finisce per perdere ogni valenza operativa. Una mappa in scala 1:1 è insensata).
Costruire la mappa, al di là della scala che si sceglie di adottare, richiede di individuare quali sono i caratteri strutturali del territorio, le “cose” che gli danno la propria, specifica forma e che, non prese in conto, porterebbero ad una rappresentazione non coerente. Per restare in metafora, monti, valli, fiumi, assi viari principali (e dunque ponti, incroci, …) devono sempre essere rappresentati, indipendentemente dalla scala scelta. Vi sono poi altri tratti, come la viabilità secondaria o, ad un ulteriore livello di dettaglio, la larghezza dei marciapiedi, che indubbiamente “arricchiscono di qualità” la mappa, ma la cui assenza non ne pregiudica l’uso orientativo.
Fuor di metafora, la costruzione degli indicatori di valutazione parte dunque dall’individuazione dei caratteri strutturali della relativa unità di competenza, da esprimere attraverso una sintassi funzionale al disegno delle prove di esame. E’ fondamentale comprendere che l’indicatore è il riferimento oggettivo per disegnare la valutazione: esso deve dunque esplicitamente recare i contenuti su cui la Commissione deciderà, sulla base della proposta dell’operatore abilitato, quale prova pratica e quale colloquio tecnico svolgere:
– ciò che nell’indicatore non è esplicitato, ma è presente nella descrittiva della competenza (p.e. come conoscenze ed abilità) può sempre essere oggetto di esame;
– ciò che nell’indicatore è esplicitato deve invece essere sempre oggetto di esame.
Dal punto di vista del metodo, la redazione degli indicatori muove dalle seguenti due domande chiave:
– quali sono le caratteristiche strutturali della competenza che devono essere, come tali, prese in conto?
– come tali caratteri possono essere prese in conto in sede di valutazione? Attraverso la richiesta all’esaminando di svolgere un’azione diretta (“fare qualcosa”) o di rappresentare giustificatamente un processo, un problema, una azione (“dire qualcosa”), ove l’azione diretta si riveli impossibile da realizzare in un cotesto di prova, per vincoli di contesto e/ di tempo.
Sviluppare gli indicatori richiede dunque di:
– partire dalle caratteristiche della competenza (risultato atteso, conoscenze, abilità, livello EQF);
– individuare le variabili chiave che devono essere oggetto di valutazione;
– decidere come esse possono essere proposte, in sede di disegno di prova/colloquio tecnico, attraverso un combinato di azione e rappresentazione.
Ciò in modo da fornire alla Commissione un chiaro ed univoco riferimento per l’esercizio della propria azione valutativa.
Facciamo un esempio. Si prenda la competenza-tipo “Detergere i capelli”, tipicamente parte della qualifica di Acconciatore. Si assuma che abbia quale risultato atteso tipo “Lavare i capelli utilizzando prodotti e tecniche coerenti con la tipologia di capello, del cuoio capelluto e i trattamenti successivi”. Applicando i principi esposti avremmo che:
– le variabili strutturali sono “Tipologia di capello”, “Tipologia di cuoio capelluto” e “Trattamenti previsti dopo il lavaggio”;
– appare sicuramente possibile chiedere all’esaminando un’azione diretta (non necessariamente su una persona, ma p.e. attraverso simulazione su una “testina”), che però non sembra possibile far ripetere più volte ove si intenda esplorare la sua capacità di mutare l’approccio al mutare dei valori delle variabili strutturali (altri tipi di capelli, trattamenti,…);
– può dunque essere utile seguire un approccio integrato, che preveda sia un esame de visu delle abilità manuali, sia la messa in luce delle abilità cognitive (adattare la propria azione tecnica alle differenti condizioni).
Questa riflessione può portare ad un indicatore del tipo “Sulla base di tipologie di capello, cuoio capelluto, trattamenti seguenti e di un tempo massimo di lavoro, impostare e realizzare in autonomia, anche in situazione simulata, le operazioni di lavaggio, individuando motivatamente i prodotti e le tecniche coerenti”. Letto dalla Commissione di esame, l’indicatore assume il seguente significato: “Dobbiamo scegliere noi quali tipologie di capello, cuoio capelluto e trattamento vogliamo dare come input di prova, decidere se essa avrà natura pratica in situazione reale o simulata, fissare un tempo di esecuzione, osservare il comportamento ed ascoltare le motivazioni addotte dal candidato”.
Ogni Commissione è libera di scegliere all’interno di questo insieme, così come è vincolata nei suoi comportamenti dalle caratteristiche dell’indicatore.
Come si è visto, la sintassi tipo per la redazione di un indicatore è “Variabili strutturali + Verbo all’infinito + complemento oggetto + gerundio relativo ad azioni fisiche/cognitive da compiere in modo coordinato”
Passiamo ora a trattare il secondo riferimento necessario per condurre la valutazione, ovvero la prestazione minima che si attende il candidato debba raggiungere, in modo da poter superare l’esame svolto in modalità certificatoria. La sua definizione, dipendente strettamente da come è stato definito l’indicatore, è rivolta ed esprimere una “quantità” o una “estensione” minima di azioni/rappresentazioni che l’esaminando deve compiere, nei vincoli assegnati.
Dal punto di vista del metodo, definire una soglia equivale a scegliere la varietà minima convenzionalmente accettata per il superamento dell’esame.
Torniamo all’esempio del lavaggio: una soglia potrebbe essere “Realizzazione in autonomia, nel tempo assegnato, di almeno un lavaggio ed impostazione di un secondo, relativo ad una differente tipologia di capello/cuoio capelluto/trattamenti, con motivata individuazione dei prodotti e delle tecniche coerenti”. Letto dalla Commissione di esame, la soglia assume il seguente significato: “Dobbiamo far fare almeno due prove, una reale/simulata ed una seconda, a nostra scelta, anche in forma descrittiva, con riferimento a due combinazioni di tipologie fra loro molto diverse. Se l’esaminando le supera entrambe, certifichiamo il possesso della competenze. Se, ad esempio, presenta una corretta manualità, ma non sa motivare le scelte dei prodotti e delle tecniche (o viceversa), oppure per una combinazione non sa bene cosa fare, la sua prestazione è sotto soglia, e la competenza non è certificata”.
Come si è visto, la sintassi tipo per la redazione di una prestazione minima (soglia) è “Variabili strutturali + Sostantivo verbale + quantità minima di prestazione attesa, riferita alle variabili strutturali + azioni svolte a supporto”.
A questo link è possibile scaricare un file di esempi commentati, relativo ad un profilo-tipo a natura didattica, per il quale si presentano indicatori e soglie corrette, accompagnate per ogni UC da una pluralità di esempi redazionali meno efficaci o incorretti, opportunamente commentati. Per ogni esempio si riportano:
– la denominazione del profilo-tipo ad uso didattico;
– la verosimile ADA di riferimento;
– il risultato atteso dell’esercizio della competenza in contesto reale di lavoro;
– una lista esemplificativa di abilità;
– una breve discussione sulle esigenze metodologiche del disegno dell’indicatore e delle relativa soglia;
– una conseguente proposta di indicatore e prestazione soglia, che va intesa non come “verità assoluta”, ma come una fra le possibili risposte coerenti con quanto descritto nei precedenti campi.
Gli esempi sono stati scelti per offrire una pluralità (non esaustiva) di casistiche fra loro diverse per implicazioni valutative.